E niente, c’è sempre la squadra che deve rompere le scatole, sospinta dall’arbitro (che senso ha l’ammonizione per simulazione a La Mantia dopo tre minuti? Prima legge del Manuale dell’Arbitro parziale: intimorire la squadra da sfavorire con un’ammonizione gratis nei primi minuti) dalla fortuna, con i pali che sembrano prendere vita e allearsi con i più scarsi, dai nostri regali, il liscio di Vigorito ci può stare, ma abbattere l’avversario là ha poco senso.
E così capita che una squadra che fa del non gioco le sue migliori fortune, imbrigliando l’avversario, riesce a vincere la partita che non ti aspetti, quella in cui non è mai riuscita a rendersi pericolosa, pur in vantaggio di un uomo, e i giocatori riuscire dire pure che lo hanno fatto meritatamente, tra un’intervista improbabile, festeggiamenti da finale di Champions e calcioni sugli stinchi del povero La Mantia, o di chiunque si muova nei pressi dell’area.
E che fare? Prendersela con Vigorito? Con i pali? Con la fortuna sfacciata degli avversari? È andata così, bisogna guardare avanti.
E come? Come abbiam sempre fatto, il cammino si complica un pochino, ma figuriamoci se poteva essere facile, noi non abbiamo santi in paradiso, che quando non ti regalano un rigore ti convalidano un gol in dubbio fuorigioco e sappiamo che dobbiamo fare più dei diretti concorrenti per raggiungere i risultati. Non si sfugge, era così lo scorso anno, è così quest’anno e ne siamo fieri.
Non ci resta che dimenticare Cremona e andare avanti e continuare a fare gioco e a mettere sotto gli avversari, perché l’obiettivo è lì, alla stessa distanza di tre giorni fa, un obiettivo che dovremo raggiungere moltiplicando le forze e sapendo che più si avvicina più incontreremo resistenze, anche esterne, affinché il destino si compia.
Non mollare mai, forza Lecce sempre.
